Ritorno a casa. Ritorno a scrivere.
Perché è quello che sono. Quello che voglio.
Io, voi. Ciò che scrivo.
Il desiderio di esser letto, di valere qualcosa.
Di essere un poeta, un araldo vecchio moderno.
Ritorno come un’ingenua circonferenza.
Solo per scrivere, senza voler dimostrare nulla. Solamente io e me stesso e voi.
Senza soggetti, senza temi. Senza pensieri.
Parlare come rotolare. Lasciare cadere un sassolino per vedere quale valanga saprà scatenare. Per l’amore di premere i tasti; senza il bisogno di avere un motivo.
Nel grigio cielo vedo un sole altissimo. La musica. La luce.
La bellezza di questa vita terribile.
Sempre disperato e sempre innamorato della vita o quel che rimane.
È tutto qui. Felice di scrivere.
Sempre bisognoso di qualcuno che mi legga. Che mi dica che esisto.
Attraverso le lettere, le parole, perpetrare la mia esistenza.
Così tanto da dire in così poco tempo: l’amore, l’amicizia, il dolore, le speranze, i miei famigliari, i miei sogni.
Per ogni pensiero una parola, una frase. Una vita.
“…e se una vita non basta…xxxxxxxxxx”
Ritorno a scrivere perché è quello che so fare. È quello che voglio fare.
È la mia speranza, il mio salvagente.
La vita è mia: rovina, perdono, benzina, passione, grappa con genziana, blog, sorrisi e tutto il resto.
Ritorno a scrivere perché è il mio modo di esistere.
Con gli occhi chiusi, con i muscoli rilassati, con la mente leggera…
La mia vita è parola scritta.
La mia vita occuperà tutti i fogli della mia vita.
Ritorno a scrivere dopo i tre mesi dedicati al fisico e alla natura.
Ritorno a scrivere perché mi fa bene.
Scrivo perché quando scrivo sono felice.