Avviso
per i naviganti …Chi va di solito al vespro delle cinque o e’ minorenne
o bigotto/a, non deve continuare la lettura del post, mi sarebbe
dispiaciuto non pubblicare la farneticazione di cui sotto (cui e non
qui), ma che ci volete fare, non tutti riescono ad esprimere il loro
stato d’animo e di certo questo di Marshall al secolo Enrico che ha postato quando era con noi, non e’ da educanda in quanto
e’ piu’ indicato alla classica vulvivendola che lavora nei chiavisteri e
fa straordinari sulla tangenziale ovest, cmq e’ fortemente espressivo al punto che il
suo esternarsi fa quasi tenerezza, la classica tenerezza di chi
pesta la merda nascosta dalla foglia autunnale lasciata dal cane di
turno sul marciapiede, tanto si dice che porta fortuna no? E la fortuna
e’ quella di non trovare il proprietario dello stesso cane legato
all’altro capo del guinzaglio..fortuna per il proprietario ovvio, cosi’
puo’ evitare di farsi dare due punti dove ci si infilano le supposte e a volte anche attrezzi riproduttivi,
avevo messo in bilancio di non pubblicare piu’ gli scritti del balengo dopo la sua fuga Dignitastica e alla ricorrenza del secondo anno, mi rimangio il bilancio imponendomi di tornare quello che conoscete, sempreche’ non capitino avvenimenti che possano farmi ritardare
l’abbandono degli scritti di Marshall tipo questo sotto che ho conservato gelosamente non solo per la fine del protagonista ma per la coerenza che ha avuto nel concretizzare quanto aveva scritto.. leggete con
un occhio solo..i riferimenti a fatti o cose, sono puramente oggettivi ed estrapolati dal vecchio multiply dove ancora esisteva il pingpong dialettico tra membri fuori di melone...
Una vita non basta e non ti basterà mai…
Oggi cambia tutto. Perché non mi basta. Perché questo delirio non è quello che voglio. Perché la tua puzza di merda mi ha stufato.
Vaffanculo e rinasci.
Sono fragile. Sono un cazzo di gigante di vetro che non aspetta altro che una piccola crepa per porre fine a tutto questo bailamme.
Cin cin col barbi.
Mi affogo. Affogo voi, te, il mio mondo, il mondo che mi vorresti vendere.
Una vita non basta.
Tutto brucia e io brucio con lui. Fondamentalmente ingenuo. Inconsapevole. Impaurito. Incazzato e con uno sguardo a quello che ho lasciato per strada.
Ho perso tanto nel corso del tempo. Ho perso tante speranze, ho fallito tante prove. La vita mi sfida e io crollo sulle ginocchia. Lentamente mi lascio scivolare nella mia tana scavata nella sabbia.
E cambiano i ritmi. La musica si fa isterica, poi nevrotica, poi armoniosa. Poi si spegne. Si abbassa il sipario. Io non capisco. Ma si abbassa. Un delirio. La fine del mondo concessa solamente a chi è pronto a spingersi fino al più degradante livello di se stesso. In quello strato lontano e oscuro in cui fanno le tane i topi, in cui restano a marcire i rifiuti.
È una guerra ma io sono un kamikaze. Figlio di puttana.
Tutti hanno un dramma. Tutti hanno una storia da raccontare. Tutti hanno qualcosa per cui vale la pena ascoltarli. Tutti hanno un senso. Io non ho nemmeno un’idea originale. Non ho un singolo racconto che non sia già stato narrato.
Provo a dormire. Non ci riesco. Provo a mettermi davanti ad un foglio e a disegnar l’infinito. Non ci riesco. Provo a disegnare il mio volto. Non ci riesco.
Prendo fiato. Stacco la spina.
Buio. Silenzio sopra tutti i mobili dell’arredamento.
Infine esplodo.
Frasi pensieri lacrime bestemmie grida sperma rabbia occhi sgranati vene occhi gelidi. Amore.
La vita come un palco. Io incapace di ricordare le battute del mio copione. Io che improvviso.
Vado a braccio.
Un altro bicchiere di vino.
Senza paura ma solo con certezze semplicemente inventate.
E se non ti piace.. non leggere. E se mi disprezzi vaffanculo. E se ti credi meglio di me evidentemente avrai ragione. Io sono\sarò\voglio essere\spero di essere\sono una semplice candela che brucia lentamente. Dall’alto verso il basso. Noiosamente. Dall’alto verso il basso.
Una goccia alla volta.
Cera.
C’era.
Non lo so se il mondo è perfetto.
Un altro bicchiere di vino. Ormai è caldo.
Non lo so se il mondo è perfetto. Forse sì. La colpa non è del mondo ma mia. Pace. Pazienza. Che delirio. Che cazzo di parole in fila come una bianca striscia di cocaina.
Eppoi su per il naso dritto nel cervello poi attorno ad esso fino a quando non si attacca alla parte più delicata, più morbida, più gustosa da distruggere, del tuo cervello. Ti spinge ti violenta. Ti spreme l’anima, ti comprime l’osso del collo eppoi ti lascia in terra con la sensazione, credetemi sgradevole, di aver appena consumato il tuo ultimo tasto. Umiliato. Ogni schiaffo dato ne esige cento ricevuti.
In un cinema. Da solo. Lo schermo non ha vita questa volta. È tutto nero. In mezzo allo schermo c’è un taglio. Una figa? No. Forse un sorriso deforme. Com’è che vorrei tutto meno quello che ho? Com’è che mi taglio le vene? Come? Come se. Scivola corre come un’autostrada. Poi arrivi al casello. Timbri, paghi il dazio: delusioni, sofferenze, la tua migliore amica che ti accoltella, l’amore che finisce, gli amici che ti abbandonano.
La sbarra si alza.
Sei morto.
Oggi cambia tutto. Perché non mi basta. Perché questo delirio non è quello che voglio. Perché la tua puzza di merda mi ha stufato.
Vaffanculo e rinasci.
Sono fragile. Sono un cazzo di gigante di vetro che non aspetta altro che una piccola crepa per porre fine a tutto questo bailamme.
Cin cin col barbi.
Mi affogo. Affogo voi, te, il mio mondo, il mondo che mi vorresti vendere.
Una vita non basta.
Tutto brucia e io brucio con lui. Fondamentalmente ingenuo. Inconsapevole. Impaurito. Incazzato e con uno sguardo a quello che ho lasciato per strada.
Ho perso tanto nel corso del tempo. Ho perso tante speranze, ho fallito tante prove. La vita mi sfida e io crollo sulle ginocchia. Lentamente mi lascio scivolare nella mia tana scavata nella sabbia.
E cambiano i ritmi. La musica si fa isterica, poi nevrotica, poi armoniosa. Poi si spegne. Si abbassa il sipario. Io non capisco. Ma si abbassa. Un delirio. La fine del mondo concessa solamente a chi è pronto a spingersi fino al più degradante livello di se stesso. In quello strato lontano e oscuro in cui fanno le tane i topi, in cui restano a marcire i rifiuti.
È una guerra ma io sono un kamikaze. Figlio di puttana.
Tutti hanno un dramma. Tutti hanno una storia da raccontare. Tutti hanno qualcosa per cui vale la pena ascoltarli. Tutti hanno un senso. Io non ho nemmeno un’idea originale. Non ho un singolo racconto che non sia già stato narrato.
Provo a dormire. Non ci riesco. Provo a mettermi davanti ad un foglio e a disegnar l’infinito. Non ci riesco. Provo a disegnare il mio volto. Non ci riesco.
Prendo fiato. Stacco la spina.
Buio. Silenzio sopra tutti i mobili dell’arredamento.
Infine esplodo.
Frasi pensieri lacrime bestemmie grida sperma rabbia occhi sgranati vene occhi gelidi. Amore.
La vita come un palco. Io incapace di ricordare le battute del mio copione. Io che improvviso.
Vado a braccio.
Un altro bicchiere di vino.
Senza paura ma solo con certezze semplicemente inventate.
E se non ti piace.. non leggere. E se mi disprezzi vaffanculo. E se ti credi meglio di me evidentemente avrai ragione. Io sono\sarò\voglio essere\spero di essere\sono una semplice candela che brucia lentamente. Dall’alto verso il basso. Noiosamente. Dall’alto verso il basso.
Una goccia alla volta.
Cera.
C’era.
Non lo so se il mondo è perfetto.
Un altro bicchiere di vino. Ormai è caldo.
Non lo so se il mondo è perfetto. Forse sì. La colpa non è del mondo ma mia. Pace. Pazienza. Che delirio. Che cazzo di parole in fila come una bianca striscia di cocaina.
Eppoi su per il naso dritto nel cervello poi attorno ad esso fino a quando non si attacca alla parte più delicata, più morbida, più gustosa da distruggere, del tuo cervello. Ti spinge ti violenta. Ti spreme l’anima, ti comprime l’osso del collo eppoi ti lascia in terra con la sensazione, credetemi sgradevole, di aver appena consumato il tuo ultimo tasto. Umiliato. Ogni schiaffo dato ne esige cento ricevuti.
In un cinema. Da solo. Lo schermo non ha vita questa volta. È tutto nero. In mezzo allo schermo c’è un taglio. Una figa? No. Forse un sorriso deforme. Com’è che vorrei tutto meno quello che ho? Com’è che mi taglio le vene? Come? Come se. Scivola corre come un’autostrada. Poi arrivi al casello. Timbri, paghi il dazio: delusioni, sofferenze, la tua migliore amica che ti accoltella, l’amore che finisce, gli amici che ti abbandonano.
La sbarra si alza.
Sei morto.