Sino
ad oggi ho satiricamente dissertato sugli Spread e affini.. ma mi
domando se avete grippo per i vostri soldini depositati in banca. Cazzo
sentite parlare di Spread che aumenta, Grecia,Irlanda Portogallo ed euro
che affondano? Italia come la Grecia? Tredicesime inchiodate? Stringe
il culo vero? Ne avete ben donde e quindi se vi interessano informazioni
prese sul posto continuate a leggere quello che l’amico FabPat72 mette
sul blog e poi traetene le conseguenze con il vostro cranio e non con le
idee degli altri.. Ad es,, come ve la immaginate la Spagna? Un cumulo
di macerie? Mendicanti per le strade? Infrastrutture fatiscenti? E la
politica con i suoi costi, roba che neanche la Grecia? No neanche per
idea, la crisi Spagnola e’ molto diversa da quella italiana, e fatti i
giusti correttivi, peraltro appena varati da Rajoy, Madrid uscira’ molto
velocemente dalla crisi lasciandoci soli in compagnia della Grecia
(perche’ intanto Irlanda e forse persino il Portogallo ne saranno
usciti). Ecco uno spaccato della Spagna di oggi di Maurizio Blondet che
e’ in anzi l’inviato speciale all’estero, copio e incollo quello che
scrive e traetene il succo….
Di
ritorno dalle Canarie: se devo valutare da quest’angolo della Spagna
che ho visto, penso che quel Paese sia meglio attrezzato dell’Italia di
fronte alla crisi, e che si solleverà prima di noi. Anche là vige il
disprezzo per i politici e la politica; cresce, persino più che da noi,
la consapevolezza dei privilegi e del parassitismo delle burocrazie
pubbliche, il che è un buon segno di vitalità politica della
popolazione, che mette sotto accusa i salari sicuri degli statali mentre
nel settore privato la disoccupazione è alle stelle. Ma visto come
stiamo messi noi, vorrei fare il cambio. Ecco alcuni motivi:
Infrastrutture
D’accordo,
durante il boom edilizio (causato dai tassi eccessivamente bassi che
l’euro «germanico» ha chiesto per indebitarsi, e dalle banche tedesche,
rigurgitanti di capitali, che li hanno offerti in eccesso agli iberici)
s’è costruito troppo, ed ora è scoppiata la bolla edilizia. Ma ciò che
colpisce, è la quantità e la qualità delle infrastrutture progettate ed
attuate dalla «politica». Se i politici spagnoli hanno rubato, non si
sono tenuti tutto loro; hanno anche attrezzato il Paese per la
modernità. Strade extra-urbane nuove fiammanti a Lanzarote, autostrade a
quattro corsie (e gratis) a Tenerife; non una buca nell’asfalto, non un
lampione bruciato, e ovviamente non un cartello perforato da gragnuole
di proiettili (tipico del folklore in Sicilia e Calabria). Nella
capitale Santa Cruz, che è pur sempre una cittadina di nemmeno 230 mila
abitanti, grandiosi spazi culturali firmati da archistar (tipico
l’auditorium ideato da Calatrava, e lo Espacio de Las Artes dello
svizzero Herzog) che possono non piacere, ma testimoniano l’impegno dei
pubblici poteri per la cittadinanza, ospitano mostre, biblioteche,
teatri.
Due
aeroporti che non sono affatto cattedrali nel deserto, anzi
frequentatissimi da voli internazionali (arrivano 5 milioni di turirsti –
che poi tornano, al contrario di quelli che vengono in Sicilia).
Immensi parcheggi sotterranei publici, che da noi non si sono mai fatti
perchè «il Comune non ha i soldi» o «il comitato di quartiere si oppone»
o non ci si mette d’accordo sulle mazzette. Un sistema-modello di
trasporti pubblici: la piccola capitale canaria ha una metropolitana
leggera nuova fiammante (del 2004, finanziata da Fondi UE) che tocca
tutte le zone che contano, e fa’ capolinea all’Intercambiador: ossia
alla grande stazione dei bus («guaguas», nel gergo locale), su sei
livelli con scale mobili, da cui si può raggiungere qualunque villaggio
dell’isola a prezzi popolari dopo aver lasciato l’auto nel parcheggio
sottostante, che basta a 1400 veicoli.
Come
dire che questo Interscambiador è una delle installazioni che mi ha più
colpito? Fate un confronto mentale con una stazione di corriere o anche
dei treni in Italia, dove arrivino e partano, come qui, 3500 bus al
giorno: immaginate le cartacce e le cicche per terra, la polvere (e
peggio) che si addensa negli angoli, gli odori di urina; immaginate i
barboni che dormono sulle panchine, i mendicanti molesti, o i personaggi
più loschi e pericolosi che, nelle ore notturne, abitano le stazioni
italiane. Immaginate, perchè qui è l’esatto contrario: nella monumentale
hall i pavimenti sono lucidi; il bar-ristorante offre bocadillos e
tapas invitanti (io ci ho mangiato un pasto completo per 10 euro),
anzichè quelle oltraggiose cartilagini di prosciutto rinsecchito che
vengono vendute a peso d’oro nelle nostre stazioni da qualche innominata
entità che «s’è aggiudicata l’appalto». I gabinetti pubblici,
ovviamente usatissimi dai passeggeri di ogni nazione e livello sociale,
sono uno specchio, benchè gratuiti. Non ne ho mai trovato uno reso
inservibile con occlusioni di carta igienica cacca e piscio, com’è
regola da noi. Misteriosamente, nelle loro pareti mancano del tutto le
scritte oscene che tanto rallegrano i cessi pubblici italioti. Miracolo,
gli addetti alle pulizie fanno effettivamente il lavoro per cui
percepiscono il modesto salario pubblico, e li vedi sempre in giro con
scopino e scopa a raccogliere anche una sola cicca che per altro solo
gli Italiani buttano a terra oltre che nelle spiagge dove giocano i loro
figli.
Immaginate
i bus? Come minimo, direte voi, avranno l’aria scalcinata, rotta e
bisunta di quelli di Roma (si sa, ci sale tanta gente, il Comune è in
rosso), perchè dopotutto parliamo di isole arretrate e marginali di un
Paese meno ricco e sviluppato del nostro. Macchè: i «guaguas» sembrano
tutti nuovissimi, in perfetto stato di manutenzione, con aria
condizionata funzionante. Ogni mattina, prima di partire, passano sotto
il lavaggio-auto comunale lì a fianco, alla vista di tutti.
E
non basta. Il Cabildo (l’antico Consiglio) ha mandato due emissari a
Bruxelles per chiedere soldi per costruire dal nulla una linea
ferroviaria. Siccome Madrid ha tagliato i finanziamenti, i due inviati
di Tenerife sono andati a chiedere all’Europa di coprire il buco:
dopotutto è un progetto europeo, che il Cabildo ha presentato ed è stato
approvato in sede UE, e che sarà completato coi fondi europei:
esattamente come la giunta della Sicilia o delle altre regioni
meridionali, che non riescono ad usare i fondi europei per incapacità
progettuale, o se li fanno ritirare per malversazioni (1); o che nemmeno
li chiedono, perchè che gusto c’è a fare opere pubbliche su cui non si
possono estrarre tangenti perchè Bruxelles ti controlla?
Taccio,
per non farla troppo lunga, delle infrastrutture immateriali e
culturali; dal Wi-Fi in tutti i bar e ristoranti al museo della Natura,
che vale una visita non solo perchè espone parecchie mummie del popolo
guancio (i nativi delle Canarie), ma per godersi un esemplare di
gestione museale limpida e interessante, con tanto di «laboratori»
affollati di scolari che fanno piccole sperimentazioni e imparano
facendo, sotto la guida di maestri e maestre. Taccio dell’università di
La Laguna, nient’affatto periferica nel sistema di studi spagnolo (che
il governo sta per rendere più severo, avendo annunciato che il livello
di istruzione deve migliorare). Taccio delle spiagge tutte libere e
gratuite e non come quelle di Casalbordino patria dell’ing. togo29,
fornite dall’amministrazione cittadina di docce, spogliatoi e Wc. E
della polizia sempre presente e visibile sulle strade urbane ed
extraurbane invece che imboscata negli uffici.
A
Lanzarote, l’edilizia è basata su un modulo della casa tradizionale
elaborato dall’artista locale Manrique, da cui nessun costruttore si
discosta con fantasiosi villini da geometra; tale architettura è basata
su muri bianchi immacolati, mai bruttati da graffiti e firme di dementi
come da noi; dovrei parlare delle auto che si fermano – non rallentano,
si fermano – appena fai l’atto di voler attraversare la strada sulle
striscie. Perspicua, e per un italiano stupefacente, l’assenza di cumuli
di monnezza per le strade, di discariche improvvisate nelle scarpate, e
l’assenza di vandalismi tipo cabine telefoniche spaccate e smerdate.
In
una parola, vige in Spagna quella civiltà che ormai è un costume in
tutta Europa, salvo che in questa Italia fiera del suo sedimento
incancellabile di volgarità.
Anche
il Re senza tredicesima quindi caro Carlo alias togo29 fregatene della
tua su cui non hai mai fatto affidamento (parole tue).
Tra
le misure per affrontare la crisi del debito statale, il governo Rajoy
ha sospeso (ossia tagliato) la tredicesima di tutti i dipendenti
pubblici. Anche la sua; anche dei membri del governo, anche dei 350
deputati e dei 266 senatori, non esclusi gli ex parlamentari pensionati.
Nessuno l’aveva chiesto al Rey: ebbene, il chiacchieratissimo Juan
Carlos s’e tagliato di sua spontanea volontà di 20 mila euro l’anno
l’emolumento, l’equivalente della sua tredicesima. Dunque oggi il Rey,
la più alta istituzione dello Stato riceve, 271.842 euro lordi annui;
risulta così che un qualunque governatore italiota di regione arraffa
più del re di Spagna; il direttore generale della Rai, quel tal
banchiere Gubitosi messo lì da Monti, ci costa come due re e mezzo.
Il
principe di Asturia, l’erede al trono, s’è tagliato 10 mila euro, in
quanto il suo emolumento è esattamente la metà di quello paterno,
135.921 euro. Il capo della Real Casa, che ha il rango e il soldo di un
ministro, s’è ridotto anche lui lo stipendio nella stessa proporzione
dei membri del governo. Niente a che vedere con quelli che godono i
direttori della Real Casa italiana, detta Quirinale, di cui basta
ricordare i 2 milioni di euro l’anno, più appartamento e ufficio
permanente sul Colle, dell’immarcescibile Gaetano Gifuni.
El
Rey de Espana è notoriamente molto criticato per i suoi lussi, per il
suo amore delle gonnelle, e per le sue cacce all’elefante in compagnia
di una cacciatrice bianca che sarebbe la sua amante. D’accordo, ma a
metà luglio, l’84enne Juan Carlos è partito per Mosca ad incontrare
Vladimir Putin a capo di una delegazione di ministri e imprenditori
iberici. Scopo del viaggio, raccomandare la partecipazione delle
industrie spagnole nel progetto di TGV russo (Mosca-San Pietroburgo a
300 all’ora) che costerà 17,5 miliardi di euro. Già, perchè la Spagna
possiede il know-how allo stato dell’arte: le sue linee ad alta velocità
sono operative già da 25 anni, ed oggi il TGV ispanico (che si chiama
AVE, Alta Velocidad Espanola) dispone in Spagna della più grande rete ad
alta velocità d’Europa, e seconda solo alla Cina: 2665 chilometri. Fu
il governo socialista di Felipe Gonzales a lanciare questo grande
progetto strategico per l’economia spagnola; un governo che rubava come
quello di Craxi, si disse; ma che fece i compiti a casa. E non si ha
notizia di contestazioni dal basso, tipo No-Tav. Oggi, le imprese
spagnole dell’alta velocità si sono aggiudicate il progetto per il treno
Mecca-Medina, una linea che i sauditi pagheranno 6,7 miliardi di euro.
I costi della politica
Il
governo ha tagliato del 50% il sussidio di disoccupazionee dopo il
sesto mese; ma ha anche tagliato del 20% le sovvenzioni ai partiti
politici quindi caro Carlo non raccogliere ste 500.000 firme tanto non
serviranno e ai sindacati (che si aggiunge al 20% già tagliato da
Zapatero), del 30% il numero dei consiglieri degli «ayuntamientos», del
5% le paghe degli statali a cui ha decurtato i permessi sindacali e i
giorni «di libera disponibilità». Tali misure incontrano un diffuso
favore della cittadinanza, consapevole (l’ho già detto) che la crisi
mette in questione i «privilegi» del settore pubblico, nonchè la
corruzione e l’impunità delle caste politiche; privilegi e stipendi e
impunità che tuttavia non hanno alcuna dimensione paragonabile a quella
dei pubblici italiani. Sul quotidiano ABC ho letto un commento durissimo
contro i 266 senatori «che non servono a niente» e prendono – udite
udite – 2.813 euro al mese, a cui il commentatore unisce «una
sovvenzione annuale per ogni partito, che per i due partiti maggiori
ammonta rispettivamente a 3,5 milioni e a 1,5 milioni per il 2012», che
però non vanno agli individui ma ai partiti; uno scandalo che il
commentatore invita a «trattare con l’ascia».
La
mente corre ai 200 milioni di euro che i partiti italiani si incamerano
ogni anno, a dispetto di un referendum che glieli ha negati; e prende
la voglia di abbracciarli, quei poveri senatori sotto accusa per 2.800
euro mensili.
Anche
in Spagna le «autonomie» regionali spendono e spandono – dicono gli
spagnoli – senza controllo, e le più battagliere (prima fra tutti
ovviamente la Catalogna) si sono opposte ai tagli del governo,
minacciando ritorsioni (la Catalogna, elezioni anticipate); i governanti
di Asturie e Canarie hanno annunciato che non taglieranno la
tredicesima ai «loro» dipendenti. La differenza con la situazione
italiana sta non solo nella levità delle cifre dei presunti sprechi
(niente di paragonabile ai 5 miliardi di debiti della Sicilia in
bancarotta, o i 70 complessivi contratti dai nostri comuni, o
l’inaccertabile debito miliardario di Roma Capitale, inaccertabile
perchè nascosto dietro bilanci truccati), ma anche nell’ostilità che le
«autonomie» stanno riscuotendo in quanto, appunto, autonome nella spesa.
«Questi
governi autonomici si sono mutati in un ariete contro gli interessi
nazionali – ha scritto l’editoriale di ABC – mostrano il lato oscuro di
un autonomismo che si pensa come non dovessero mai sorgere problemi di
finanziamento». Le Regioni come il Lato Oscuro della Forza: come
vorremmo aver sentito almeno una volta simili valutazioni in Italia.
Da
questi sparsi esempi si può vedere che i governi spagnoli i compiti a
casa li hanno fatti, nel complesso, molto prima di noi; ed il Paese ha
le infrastrutture e la cultura per eventualmente ripartire. Se non
riuscirà, sarà essenzialmente perchè è sbagliata la cura imposta dalle
Merkel, è sbagliato l’euro, è sbagliato il metodo di assoggettare i
bisogni finanziari del Paese sovrano agli umori dei «mercati». E forse,
perchè quello che stiamo vivendo è un capolinea della storia, in cui
l’Europa – con tanta storia dietro – è smarrita e non sa più che fare.
L’immane
disoccupazione giovanile degli spagnoli è forse un sintomo di questa
fase terminale, additando un futuro di lavoro raro e precario per le
masse. Basterà dire solo che i giovani spagnoli stanno reagendo con
l’emigrazione di massa. E dove emigrano? Sì, 117 mila in Germania e 86
mila negli Usa; ma 368 mila in Argentina, 179 mila in Venezuela, 94 mila
in Messico, 44 mila in Cile, persino 89 mila a Cuba, più che negli
Stati Uniti. Insomma il vasto mondo di lingua ispanica fa’ da
ammortizzatore sociale, ed è inutile far notare cosa vuol dire emigrare
in un Paese dove si parla la tua lingua-madre: significa andare a fare
non solo le pulizie e gli scaricatori ma fare, poniamo, il giornalista,
far valere la propria laurea e le proprie qualificazioni, inserirsi nei
piani alti del Paese ospite. Andare in Argentina e in Venezuela è pur
sempre sfociare in quella grande «Spagna dell’anima» che dura ancora, di
quel mondo che continua a vedere Madrid come la sua patria capitale.
Significa non perdere i contatti con la patria di tutti. Significa poi
più facilmente ritornare a casa, se riparte la crescita; laddove i
nostri giovani italiani che emigrano, i migliori, non tornano più ed a
hanno ragione.
È
un effetto forse imprevisto di quel che resta negli spiriti del grande
impero spagnolo su cui «non tramontava mai il sole». Ma l’argomento –
l’impero spagnolo – è così importante, che merita presto un nuovo post.
Concludo
leggendo dai giornali di metà luglio: «l’Unione Europea ha sospeso il
trasferimento di 600 milioni di fondi alla regione siciliana, motivando
questa decisione con la cattiva gestione degli appalti e l’inadeguatezza
dei controlli. (…) In una dura relazione di poche settimane fa i
magistrati contabili avevano scritto di “eccessiva frammentazione degli
interventi programmati” (troppi soldi distribuiti a pioggia anziché
investiti su pochi obiettivi-chiave), di “scarsa affidabilità” dei
controlli, di “notevolissima presenza di progetti non conclusi”, di
“tassi d’errore molto elevati” tra “la spesa irregolare e quella
controllata”, di “irregolarità sistemiche relative agli appalti”». (…)
«Tra il 2000 e il 2006 l’isola ha ricevuto 16,88 miliardi di fondi
europei pari a cinque volte quelli assegnati a tutte le regioni del Nord
messe insieme. Eppure su 2.177 progetti finanziati quelli che un anno
fa, il 30 giugno 2011, risultavano conclusi erano 186: cioè l’8,6%. La
metà della media delle regioni meridionali».
Interrompo qui data la lunghezza ma se ti interessano opinioni prese sul posto ci risentiamo neh..