Avviso
per i naviganti …Chi va di solito al vespro delle cinque o e’
minorenne o bigotto/a, non deve continuare la lettura del post, mi
sarebbe dispiaciuto non pubblicare la farneticazione di cui sotto
(cui e non qui), ma che ci volete fare, non tutti riescono ad
esprimere il loro stato d’animo e di certo questo di Marshall al
secolo Enrico che ha postato quando era con noi in questa valle di
lacrime non e’ da educanda in quanto e’ piu’ indicato alla
classiche vulvivendole che operano nei chiavisteri e fanno
straordinari sulla tangenziale ovest, cmq e’ fortemente espressivo
al punto che il suo esternarsi fa quasi tenerezza, la classica
tenerezza di chi pesta la merda nascosta dalle foglie autunnali
lasciata dal cane di turno sul marciapiede, tanto si dice che porta
fortuna no? E la fortuna e’ quella di non trovare il proprietario
dello stesso cane legato all’altro capo del guinzaglio..fortuna per
il proprietario ovvio, cosi’ puo’ evitare di farsi dare due punti
dove ci si infilano le supposte e a volte anche agli attrezzi
riproduttivi. Opps mi ero proposto di non pubblicare piu’ gli
scritti del balengo dopo la sua decuiussata.. ma oggi alla vigilia
dell'equinozio autunnale che nel 2018 casca al 23 settembre, siamo
alla ricorrenza del decimo anno, mi rimangio il proposito e posto una
delle epistolate di Marshall che ho conservato nella pendrive non
solo per la fine del protagonista ma per la coerenza che ha avuto nel
concretizzare quanto aveva scritto.. leggete con un occhio solo..i
riferimenti a fatti o cose, sono puramente oggettivi del fuori di
melone…
R.I.P
caro Marshall.
Una
vita non basta e non ti basterà mai…
Oggi cambia tutto.
Perché
non mi basta.
Perché
questo delirio non è quello che voglio.
Perché
la tua puzza di merda mi ha stufato.
Vaffanculo e rinasci.
Sono
fragile.
Sono
un cazzo di gigante di vetro che non aspetta altro che una piccola
crepa per porre fine a tutto questo bailamme.
Cin cin col
barbi.
Mi affogo.
Affogo
voi, te togotuentinain di emme, il mio mondo, il mondo che mi
vorresti vendere.
Una vita non basta.
Tutto brucia e io brucio
con lui.
Fondamentalmente
ingenuo.
Inconsapevole.
Impaurito.
Incazzato
e con uno sguardo a quello che ho lasciato per strada.
Ho perso
tanto nel corso del tempo. Ho perso tante speranze, ho fallito tante
prove.
La
vita mi sfida e io crollo sulle ginocchia.
Lentamente
mi lascio scivolare nella mia tana scavata nella sabbia.
E
cambiano i ritmi.
La
musica si fa isterica, poi nevrotica, poi armoniosa.
Poi
si spegne.
Si
abbassa il sipario.
Io
non capisco.
Ma
si abbassa.
Un
delirio.
La
fine del mondo concessa solamente a chi è pronto a spingersi fino al
più degradante livello di se stesso.
In
quello strato lontano e oscuro in cui fanno le tane i topi, in cui
restano a marcire i rifiuti.
È una guerra ma io sono un kamikaze.
Figlio
di puttana.
Tutti hanno un dramma.
Tutti
hanno una storia da raccontare.
Tutti
hanno qualcosa per cui vale la pena ascoltarli.
Tutti
hanno un senso.
Io
non ho nemmeno un’idea originale.
Non
ho un singolo racconto che non sia già stato narrato.
Provo a
dormire.
Non
ci riesco.
Provo
a mettermi davanti ad un foglio e a disegnar l’infinito.
Non
ci riesco.
Provo
a disegnare il mio volto.
Non
ci riesco.
Prendo fiato.
Stacco
la spina.
Buio.
Silenzio
sopra tutti i mobili dell’arredamento.
Infine esplodo.
Frasi
pensieri lacrime bestemmie grida sperma rabbia occhi sgranati vene
occhi gelidi.
Amore.
La
vita come un palco.
Io
incapace di ricordare le battute del mio copione.
Io
che improvviso.
Vado a braccio.
Un altro bicchiere di vino.
La
grappa alla genziana è amara, bevitela tu.
Senza paura ma solo
con certezze semplicemente inventate.
E se non ti piace.. non
leggere.
E
se mi disprezzi vaffanculo.
E
se ti credi meglio di me evidentemente avrai ragione.
Io
sono\sarò\voglio essere\spero di essere\sono una semplice candela
che brucia lentamente.
Dall’alto
verso il basso.
Noiosamente.
Dall’alto
verso il basso.
Una goccia alla volta.
Cera.
C’era.
Non
lo so se il mondo è perfetto.
Un altro bicchiere di vino.
Ormai
è caldo.
Non lo so se il mondo è perfetto.
Forse
sì.
La
colpa non è del mondo ma mia.
Pace.
Pazienza.
Che
delirio.
Che
cazzo di parole in fila come una bianca striscia di cocaina.
Eppoi
su per il naso dritto nel cervello poi attorno ad esso fino a quando
non si attacca alla parte più delicata, più morbida, più gustosa
da distruggere, del tuo cervello.
Ti
spinge ti violenta.
Ti
spreme l’anima, ti comprime l’osso del collo eppoi ti lascia in
terra con la sensazione, credetemi sgradevole, di aver appena
consumato il tuo ultimo tasto.
Umiliato.
Ogni
schiaffo dato ne esige cento ricevuti.
In un cinema.
Da
solo.
Lo
schermo non ha vita questa volta.
È
tutto nero.
In
mezzo allo schermo c’è un taglio.
Una
figa?
No.
Forse
un sorriso deforme.
Com’è
che vorrei tutto meno quello che ho?
Com’è
che mi taglio le vene? Come?
Come
se.
Scivola
corre come un’autostrada.
Poi
arrivi al casello.
Timbri,
paghi il dazio: delusioni, sofferenze, la tua migliore amica che ti
accoltella, l’amore che finisce, gli amici che ti abbandonano.
La
sbarra si alza.
Sei morto.
Ottimista il buon Enrico vero?
Torniamo ai tempi attuali vignettati dallo Stefano..