giovedì 10 dicembre 2009

O.U.A (Orti Urbani Abusivi)


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Una pentola a pressione, per quanto grossa sia, avra’ sempre bisogno di una valvola di sfogo, un minuscolo forellino che non la faccia esplodere nei momenti di maggior spinta… a volte io mi sento quella pentola , vedo la citta’ che non ti lascia scappare, l’organizzazione del mondo degli uomini che genera gabbie invisibili e limiti invalicabili. Cosi’ un cuore incerto scansa la bellezza istituzionale e cerca solitudine o, al massimo, i propri simili, cerca esempi di sopravvivenza nonostante tutto. E non mi riferisco allo stretto legame che ho con il mio computer che spazia internoso, quindi mi aggiro per una periferia vicina quando il sole tramonta, un cartello indica che da li’ inizia il comune satellite o limitrofo, le case continuano ma si vede che la zona ha vissuto di campagna fino a tempi molto recenti. L’immancabile ferrovia passa ad un livello ribassato, si scorgono i binari solo affacciandosi dalla staccionata in cemento e qui, lungo un percorso fatto di terrazzini impervi e nascosti, sono nati in operoso silenzio gli OUA ovvero gli Orti Urbani Abusivi. All’inizio non si percepisce quasi nulla, un tutt’uno senza soluzione di continuita’ con l’estetica dei lungoferrovia, la stessa che accomuna certi lungofiume e lungo autostrada.. principalmente sono erbacce sporche e secche, piccola spazzatura gettata dai finestrini o portata dal vento, avanzi metallici di lavori in corso. In un appartamento robaccia cosi’ non entrerebbe ma, per un coltivatore di Orto Urbano Abusivo, costituiscono la base di sopravvivenza della piccola non proprieta’. Cosi’ imbocco un sentierino in terra battuta su cui si susseguono rettangoli di terra di nessuno, un po’ piu’ in qua della ferrovia, troppo in la’ per i condomini. Sono striscioline giallo marroni che resistono grazie alla fantasia dei contadini metropolitani ovvero ex impiegati di banca ex lavoratori insomma ex di ex che attraverso un linguaggio omogeneo e romantico vengono coltivate con dedizione. Le recinzioni sono vecchie reti metalliche, pezzi di tapparelle di plastica miste a rovi di rose potati, lastre di eternit che qualcuno ha scaricato abusivamente per via della loro pericolosita’ e soprattutto per il costo che dovrebbero caricarsi per il loro smaltimento come la legge prescrive che qui sono grazia ricevuta da non render conto a nessuno. Non c’e’ recinzione che non abbia il suo catenaccio con lucchetto rigorosamente ossidato, insomma una sua conferma di privato con tanto di scritte degne di essere raccolte in un libro scritto dalla vita. Tenera affermazione perche’ basterebbe una spinta o una piccola acrobazia per scavalcare ed entrare.. l’Orto Urbano Abusivo e’ ben protetto ma violabile in qualsiasi momento, quasi una dichiarazione di complicita’ con gli estranei…Oltre le reti affiorano terre ingrate ben zappettate, ciuffi di insalatina, cavoli, cipollotti, giardini bonsai di fiori colorati, qualcuno ha persino tirato su una piccola serra con i teloni di nylon. Sembrano arredati tutti dallo stesso designer e non c’e’ assolutamente nulla di nuovo, luccicante o appetibile. Semplicemente avanzi della citta’ recuperati e rimessi in ordine, ma alla portata di tutti, basterebbe fare quattro passi lungo la ferrovia per trovare gli stessi articoli, l’apologia delle bottiglie di plastica che diventano vasetti, tappi, imbuti, addirittura spaventapasseri. Mi perdo nel sorriso imbalsamato di uno scopetto verde, messo di guardia a quattro cavolfiori. Bello girare in mountainbike vero? Siete mai stati nei caselli abbandonati? Alla prox cazzata riflessiva sempreche’ vi interessi qualcosa.